Scuola privata
Una porta semiaperta: la gente in strada, dentro i buttafuori. Passi solo se sei del giro, altrimenti aspetti fuori. Se resisti un’ora in coda al freddo, poi entri, quando e dove dicono loro. Un club privè? Ma questo è il Parini, all’inizio di un’occupazione che pochi studenti hanno voluto e pochi di più hanno appoggiato (un centinaio tra tutti, su 750). Pochi a cui sfugge la differenza tra protesta forte e protesta violenta: non vogliono ammettere che l’interesse della maggioranza e i loro interessi privati – perché tali sono, benché... collettivi– non coincidono più. Sono diventati una minoranza esclusiva, che non si preoccupa nemmeno più di fingersi democratica. Occupare una scuola senza il consenso degli studenti, senza nemmeno cercarlo, è un atteggiamento miope e controproducente, almeno dal punto di vista politico: se l’obiettivo è coinvolgere i compagni, che senso ha tenerli fuori dalla loro scuola, allontanandoli dalle lezioni quanto dalle attività autogestite? Che senso ha pretendere di protestare violando proprio quei diritti di libertà in nome dei quali si protesta? Passeggio per i corridoi semideserti con queste domande in testa: tante risposte spuntano, nessuna ha a che fare con la politica.
(Lettera inviata ieri al Corriere)
(Lettera inviata ieri al Corriere)
4 Commenti:
Bello!
di chi è?
Io! Altrimenti l'avremmo postato col nick di Alternativaperta...
Grazie per i complimenti.
sià non avevo notato....
egocentrico!! :-)
egocentrico, forse, ma molto chiaro e (spero) efficace!!!
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